4 Ora a chi opera, il salario non è messo in conto come grazia, ma come debito; 5 mentre a chi non opera ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua fede è messa in conto come giustizia. (Romani 4:4-5 – La Nuova Riveduta 1994).

rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori; (Matteo 6:12 – La Nuova Riveduta 1994).

7 «Beati quelli le cui iniquità sono perdonate e i cui peccati sono coperti. 8 Beato l’uomo al quale il Signore non addebita affatto il peccato». (Romani 4:7-8 – La Nuova Riveduta 1994).

perché il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore. (Romani 6:23 – La Nuova Riveduta 1994).

Quello che opera è quella persona che cerca di essere giustificata dalle opere della legge (Galati 5:4); come gli Israeliti disubbidienti, che hanno cercato la legge di giustizia non per fede ma per opere (Romani 9:31-32). Romani 4:4-5 non sta dicendo che le persone non devono avere buone opere nelle loro vite, ma fa una distinzione tra chi cerca la giustificazione per mezzo della fede e tra chi la cerca per mezzo delle opere. Infatti, anche se la giustificazione è mediante la fede (Romani 3:28), le opere sono coinvolte, perché la fede agisce insieme alle opere e per le opere la fede è completa (Giacomo 2:22), altrimenti è una fede morta (Giacomo 2:17).

A chi opera (a chi cerca la giustificazione per mezzo delle opere), il salario non è messo in conto come grazia, ma come debito. Il debito è il peccato, come è evidente da Matteo 6:12 e da Romani 4:7-8. Quindi è un salario di peccato (Romani 6:23), perché la persona che cerca di essere giustificata per mezzo delle opere della legge, è persone ingiusta sotto il potere del peccato, come gli Israeliti che sono stati disubbidienti (Romani 11:31) i quali hanno cercato la legge di giustizia non per fede ma per opere (Romani 9:31-32).
Mentre a chi non cerca la giustificazione per mezzo delle opere ma crede in colui che giustifica l’empio, cioè Dio (cfr. Romani 4:3), la sua fede è messa in conto come giustizia, cioè viene giustificato (Romani 3:28).

Ma Gesù ad alta voce esclamò: «Chi crede in me, crede non in me, ma in colui che mi ha mandato; (Giovanni 12:44 – La Nuova Riveduta 1994).

41 Voi fate le opere del padre vostro». Essi gli dissero: «Noi non siamo nati da fornicazione; abbiamo un solo Padre: Dio». 42 Gesù disse loro: «Se Dio fosse vostro Padre, mi amereste, perché io sono proceduto e vengo da Dio; infatti io non son venuto da me, ma è lui che mi ha mandato. (Giovanni 8:41-42 – La Nuova Riveduta 1994).

Se non avessi fatto tra di loro le opere che nessun altro ha mai fatte, non avrebbero colpa; ma ora le hanno viste, e hanno odiato me e il Padre mio. (Giovanni 15:24 – La Nuova Riveduta 1994).

Se una persona accetta il Padre ma non accetta il Figlio, non ha quella fede completa che deve avere in modo da esserle messa in conto come giustizia. Se uno crede in Cristo, crede nel Padre (Giovanni 12:44).
Se Dio fosse stato il Padre di quegli Israeliti che rifiutarono Cristo in Giovanni 8:41-42, avrebbero amato Cristo.
Gli Israeliti che videro i miracoli di Gesù e che tuttavia lo rifiutarono, odiarono lui e anche il Padre (Giovanni 15:24).
Come detto prima, in Romani 4:5, colui che giustifica l’empio è Dio. Ciò però implica che uno deve anche credere nel Figlio per avere quella fede che lo giustifica, perché il Padre e il Figlio sono un tutt’uno, implicando che ha anche le buone opere nella sua vita che rendono completa la sua fede (Giacomo 2:22).

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